Non rassegnamoci.

Oggi una moglie di un residente che convive con la demenza, mi ha chiesto se suo marito c’è ancora.

Mi dice di aver già chiesto a neurologi e altri specialisti, che le avrebbero detto di rassegnarsi.

Io invece le ho detto che sono sicura che suo marito c’è ancora.

Diverso forse, ma la persona che era, c’è ancora.

La vita insieme non si è cancellata. La comunicazione di una volta è saltata, ma si possono – e si devono – ricercare nuove vie per ritrovarsi e scambiarsi emozioni.

Lo sguardo, una carezza, una canzone, il tenersi la mano mentre si cammina insieme.

Altrimenti perché l’unica mano con cui il marito accetta di camminare tenendola stretta, è proprio quella della moglie? Non la mia, non quella della fisioterapista o di un oss, ma solo la mano della moglie, che riconosce e che tiene stretta.
Certo che la persona c’è. La demenza non cancella la persona.

Non dobbiamo rassegnarci. Altrimenti tutto quello che facciamo noi professionisti sanitari o noi partnergivers sarebbe inutile.

Ma non è così.
La relazione rimane, necessita solo la scoperta e l’apertura di vie diverse.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.