Il valore delle PERSONE in RSA

Una volta non sopportavo le persone.

Quando abitavo in un condominio e dovevo uscire, se sentivo un rumore, guardavo dallo spioncino, attendevo che l’ascensore si fermasse e solo allora, con qualche secondo di sicurezza, uscivo.
Altre volte cambiavo strada per non incontrare nessuno, specie quella chiacchierona della scala 2B che si appostava per trovare qualcuno con cui fare due chiacchiere e spettegolare.

A  volte proprio mi camuffavo.

L’inverno aiuta. Occhi bassi, cuffia lunga, sciarpa lunghissima, e cappottone. In alcuni casi aggiungevo pure occhialoni neri. Voglio vedere chi mi riconosceva.
Ora, devo ammettere, dopo quasi (e sottolineo il quasi) mezzo secolo di vita sto rivalutando le persone.
Non tutte naturalmente.

Qualcuna la continuo a evitare. Ok, più di qualcuna forse.

Ma ho capito che sono le Persone che fanno una Struttura, una RSA.

Non sono i piani di lavoro, non sono le abilità residue (che poi io conosco “l’olio residuo”, non certo le potenzialità di una persona, che sono speranze e non rimanenze), non sono le scadenze, non sono sono neppure i farmaci, a volte eccessivi, ne le giornate tra un clistere e un altro, né le flebo, né i numeri, né i risultati di un test.

Sono le Persone.

Anche nelle varie strutture residenziali regionali dove ho lavorato, ciò che mi è rimasto nel cuore sono proprio le persone. 

Le persone con cui ho lavorato o che ho curato. O almeno tentato di fare.
Che poi non sono “ospiti”, ma sono piuttosto residenti.

È casa loro, è la loro residenza, non la nostra.

Un ospite è transitorio, di passaggio, prima o poi se ne va, va servito e reverito, ma come fosse un estraneo di transito in un hotel. 

Mentre i residenti ci vivono, è casa loro, sono loro i padroni di casa, nessun altro. Gli anziani che vivono in una RSA sono gli abitanti, ne sono linfa ed essenza.


Ed allora c’è il sig. C., che ha una storia pazzesca che neppure vi posso raccontare. Segreti tra residente e il proprio medico. Poi c’è il sig. G. a cui sono simpatica, secondo me, solo perché gli ho detto che abito nel quartiere a cui era affezionato. Poi c’è la sigra M., che ha 103 ed ha paura di morire, ma anche di continuare a vivere. Quindi c’è il sig. L., che ogni volta che mi vede mi offre una caramella. E la signora A., che mi chiede sempre quando può tornare a casa.
Nonostante tutti gli sforzi, non sempre considerano la struttura casa loro, è vero, ma è bene lo stesso impegnarci il più possibile per farceli sentire.
Una carezza fatta con i guanti, non è la stessa cosa di una carezza fatta senza guanti, pensateci.
Poi c’è il sig. S. che ha addobbato la stanza di sciarpe della Juve… ogni volta scherzo con lui dicendo che lì non ci voglio entrare, ma in fondo sì,  è casa sua…quindi sono io che mi devo adeguare. Tendo a socchiudere gli occhi però,  per vedere solo il bianco-nero e non leggere il nome della squadra, deformazione da ex lunga abbonata dello stadio Friuli (poi sono arrivati i 4 figli, ma questa è un’altra storia).

❤️
E poi quello che mi è rimasto nel cuore, è il valore delle persone, colleghi, compagni, suddivisori di fatiche (chiamateli come preferite) con cui ho lavorato in questi anni e anche quelli con cui sto lavorando ora.
Quando le persone hanno il tuo medesimo obiettivo (offrire benessere e cura globale ai residenti), puoi anche essere profondamente diversa nei modi, nell’origine, nell’età e anche nella professione, ma ti riconosci lo stesso.

Sai già la modalità di approccio,  sai già i sogni,  sai già quando ridere e quando rimboccarsi le maniche, sai già tante cose. E le sai perché lavori insieme, perché qualcuno di loro le sa e te le fa capire, o perché le sai tu e le vuoi condividere e …se nessuno nel gruppo le sa, ci si arriva comunque insieme, prima o poi.
Sono quelle persone che ti entrano nel cuore. E ti entrano così forte, che mi commuovo scrivendo questa parte.
Non sempre si raggiungono gli obiettivi. A volte ce ne andiamo prima, o nel mezzo, o ritorniamo. Gli amori del resto, fanno giri immensi e poi ritornano. Ma in fondo è un percorso migliorativo la strada, e se sai dove vuoi arrivare, sai anche come e per dove andare.
Ogni persona che incontri sul lavoro è una risorsa, da soli non si arriva da nessuna parte.
E allora ci sono splendide donne da cui ho imparato modi, professionalità e passione per il lavoro e per i residenti, donne determinate e costruttive, altre appassionate e volitive; qualcuna combattente e sicura, altre dolci e disponibili. Ognuna con la propria storia, a volte con la propria sofferenza, e con la propria chiave di lettura. Ma il libro, e pertanto il finale, è lo stesso: trovare il modo per fare assistenza di qualità, assistenza empatica, assistenza di vita.
Ed è una gioia avere la possibilità di migliorare la vita delle persone. 
“O è Natale tutto l’anno, o non è Natale mai”.

Buon Natale a tutti noi, infermieri, OSS, fisioterapisti, medici, amministrativi, animatori, a tutti noi che abbiamo lo stesso obiettivo.  Fare “star bene”  i residenti delle nostre RSA.

https://youtu.be/l26wReW53mw?si=8Uj-MwT0w0_82xWt

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