Lascio il mio ambulatorio a un sostituto per un solo giorno. Da quanto mi ha riferito, l’accesso di pazienti è stato molto scarso, solo quattro o cinque in tutta la mattinata. E inoltre metà di questi, mi ritornano il giorno dopo.
I nostri pazienti ci sono molto affezionati e preferiscono spesso soffrire in silenzio pur di aspettare il nostro rientro.
Una di queste signore, che viene molto raramente in ambulatorio, si era recata invece appositamente proprio ieri dal sostituto. Sperava forse di cavarsela in poco tempo e con pochi consigli.
Si tratta della signora Antonia: è una signora di 55 anni, in anamnesi presenta una storia di malattia infiammatoria intestinale per cui è seguita dallo specialista gastroenterologo, malattia silente da diversi anni e al momento non in terapia, diabetica da un paio d’anni in buon controllo con metformina 1000 mg x 2, con pregressa storia di TVP poplitea secondaria a un intervento ortopedico nel 2013 (ha effettuato warfarin per un anno).
Oggi è costretta a tornare nuovamente perché non ha ben capito cosa deve fare con il pacco di impegnative che le sono state prescritte dal giovane collega.
Le sfoglio un attimo: visita dermatologica, ecocolordoppler venoso arti inferiori, ecocolordoppler arterioso arti inferiori, visita chirurgica vascolare, visita flebologica, tampone + esame colturale lesione ulcerativa caviglia destra, es. ematochimici completi inclusa autoimmunità e markers tumorali.
Il solerte collega aveva indicato tutta una serie di esami ed accertamenti per fare la diagnosi differenziale di un’ulcera alla gamba destra in sede anteriore che la paziente presentava da circa 10 giorni e forse sviluppata in seguito a un minimo trauma che si era fatta con il rasoio mentre si depilava; prima pare ci fosse solo il microtaglietto, quindi si è formata una pustola che poi si è drenata spontaneamente lasciando una lesione ulcerativa.
Non che siano sbagliati gli esami prescritti, ma è sempre meglio prendere la mira dopo un’attenta valutazione clinica, piuttosto che sparare nel mucchio sperando che qualcosa venga fuori. E quando si gira per ospedali e per specialisti, viene sempre fuori qualcosa che porta il paziente ad eterni vagabondaggi sanitari propri dei gironi danteschi.
Ricordiamoci che il primo elemento che ci aiuta nella diagnosi differenziale è proprio la clinica. Quindi osserviamo bene l’ulcera della signora e tutto ciò che le sta attorno.
Prima ancora di visitare la signora, accendiamo il nostro computer cerebrale e ripassiamo un attimo quali sono le tre cause più frequenti di ulcere degli arti inferiori; ciò mi aiuterà a mirare il mio esame obiettivo su elementi specifici e a restringere il campo su eventuali accertamenti diagnostici da chiedere in prima battuta.
Soffermiamoci un attimo quindi sulla definizione, epidemiologia e sulle cause possibili delle lesioni ulcerative agli arti inferiori:
Definiamo “ulcera” la distruzione dell’epidermide e del derma che può estendersi al grasso sottocutaneo o a tessuti più profondi. E’un problema molto diffuso e in aumento a livello mondiale e rappresenta un carico economico e sociosanitario molto elevato, anche perché necessita spesso di una gestione multidisciplinare (medico di base, chirurgo vascolare, chirurgo plastico, podologo, dermatologo, diabetologo…) prolungata nel tempo.
Le linee guida internazionali riportano che la presenza di un’ulcera attiva riguarda circa il 3% della popolazione adulta occidentale e ha una spiccata prevalenza dopo la settima decade. Questa patologia è una vera e propria piaga sociale che incide nel budget sanitario nazionale per circa l’1% nei paesi europei.
L’ulcera è dunque un reperto obiettivo che può essere il risultato di multiple eziologie piuttosto che di una singola diagnosi. Individuare la causa è fondamentale sia per la corretta terapia che per il corretto percorso diagnostico. Tre sono le cause di ulcere agli arti inferiori che comprendono oltre il 90% dei casi: ulcere venose, arteriose e neuropatiche. Vi sono poi molteplici cause meno comuni ma comunque importanti da conoscere in quanto non è infrequente riscontrarle nei nostri pazienti: di queste ne parleremo dettagliatamente dopo.
La nostra signora Antonia ha 55 anni, pesa 100 kg, fa una vita molto sedentaria e circa 5 anni fa aveva sofferto di trombosi venosa profonda poplitea alla gamba destra per cui aveva effettuato terapia con warfarin per 12 mesi. E’diabetica in trattamento con metformina, non riesce ad abbandonare le sue 10 sigarette/die, è ipertesa in trattamento con ramipril 5 mg/die. In anamnesi ha inoltre una storia di malattia infiammatoria intestinale, ora silente da diversi anni per cui non assume nessuna terapia per questo.
In base solo ai fattori di rischio riportati, la paziente presenta sia fattori di rischio per ulcere venose (età, obesità, pregressa TVP), sia arteriose (fumo, diabete, ipertensione), sia neuropatiche (diabete): sulla base solo dell’anamnesi quindi tutte e tre le cause più comuni potrebbero essere coinvolte.
Sono stati individuati molteplici fattori di rischio che rendono più probabile lo sviluppo di un tipo di lesione ulcerativa piuttosto di un’altra; sicuramente nella realtà – come nel caso della signora Antonia – spesso questi fattori si sovrappongono tanto che in diversi casi si parla di ulcere ad eziologia mista.
A scopo didattico- vediamo comunque quali sono i fattori di rischio principali per le varie eziologie:
Per le ulcere venose i principali fattori di rischio sono i seguenti:
• Età avanzata e sesso femminile
• storia familiare di patologia venosa
• Storia di TVP, diabete mellito, insufficienza cardiaca, edemi di varia origine
• Obesità
• Importanti traumatismi degli arti inferiori
• Numero di gravidanze
• Disordini ormonali, uso d contraccettivi orali e abitudini lavorative/posturali
• Condizioni di trombofilia
Per le ulcere arteriose i fattori di rischio principali sono i seguenti:
• storia di fumo attivo o pregresso
• cardiopatia ischemica
• diabete mellito
• ipertensione arteriosa
• vasculopatia cerebrale
• dislipidemia
• insufficienza renale cronica
• obesità
Per quanto concerne le ulcere neuropatiche, la neuropatia diabetica è la causa della stragrande maggioranza delle ulcere neuropatiche. I pazienti diabetici hanno nel corso della loro vita un rischio > del 25% di sviluppare un’ulcera al piede. Vi sono poi altre cause di neuropatia periferica (es. tabe dorsale, abuso cronico di alcol, deficit nutrizionali, mielopatie) che possono determinare ulcerazioni analoghe a quelle della neuropatia diabetica.
Pazientate ancora un attimo prima di vedere la lesione della Signora Antonia. Dobbiamo infatti ancora chiederle alcuni dati sull’anamnesi specifica della comparsa, dell’evoluzione e di eventuali sintomi associati. La signora ci racconta che le è iniziata la settimana prima come una piccola pustola, poi evoluta come una lesione bollosa scura/ematica che si è rotta con fuoriuscita di materiale che sembrava purulento; da allora è rimasta la lesione ulcerosa che le fa molto male. La lesione si trova sulla superficie anteriore della gamba destra.
Soffermiamoci ora sul sintomo “dolore” che la paziente riferisce essere molto intenso a livello della sua ulcera. La presenza di questo sintomo può orientarci maggiormente verso certi tipi di ulcere rispetto ad altri.
I vari tipi di lesioni ulcerative presentano caratteristiche cliniche differenti che ci aiutano ad orientarci verso la loro eziologia:
Ulcere venose:
Generalmente le ulcere da insufficienza venosa interessano l’area che si estende da metà gamba alla caviglia; il sito più comune è l’area perimalleolare, in modo particolare in prossimità del malleolo mediale.
Le ulcere hanno tipicamente bordi irregolari con – a livello del letto dell’ulcera – un essudato giallastro, fibrinoso. Il dolore è lieve-moderato.
Caratteristiche aggiuntive includono teleagectasie a livello di piedi e caviglie, edema periferico, vene varicose, discromia cutanea con colorito bronzino dovuto al deposito di emosiderina nei macrofagi. Intorno all’ulcera può esserci dermatite da stasi con eritema e segni di flogosi. Vi può esservi inoltre- specie se le ulcere avvengono nel contesto di un’aumentata pressione venosa agli arti e insufficienza venosa – il fenomeno della lipodermatosclerosi anche detta panniculite sclerosante, caratterizzata dall’ispessimento e della fibrosi della cute mediale della gamba, che può anche essere eritematosa e dolente e quindi scambiata per cellulite.
Ulcere arteriose:
Le ulcere arteriose – legate a una riduzione significativa del flusso arterioso alle estremità- si trovano tipicamente a livello distale alle dita dei piedi o nei punti di pressione. I margini sono ben demarcati, spesso con una sovrastante escara necrotica. Sono generalmente molto dolenti; i pazienti che ne soffrono possono presentare claudicatio intermittens o- nelle fasi più avanzate- dolore a riposo.
La cute è generalmente pallida, sottile, con assenza a riduzione dei polsi periferici, vi è un incremento del tempo di riempimento capillare (< di 3-4 sec). Al Buerger’s test (sollevo l’arto inferiore a 45° per un minuto) vi è la comparsa di un pallore prolungato, oltre generalmente a un peggioramento del dolore quando presente.
Ulcere neuropatiche:
Sono asintomatiche e avvengono generalmente nei punti di pressione, presentano margini netti, tipicamente avvengono in un ispessimento calloso.
Ulcere da trauma/decubito:
Le caratteristiche dipendono dal tipo di trauma che le ha causate. In particolare, le ulcere da pressione avvengono a livello di prominenze ossee; agli arti inferiori si presentano soprattutto a livello dei talloni. L’aspetto delle ulcere da pressione può variare da ulcere superficiali a ulcere profonde con esposizione di ossa, tendini e muscoli.
Ulcere infettive:
Le caratteristiche cliniche dipendono dal tipo di infezione: ad esempio i foruncoli da MRSA possono evolvere in grandi ascessi, in cellulite o in placche necrotiche. L’ectima – una forma di impetigo non bollosa da Streptococco pyogenes -determina ulcere a margini netti con eritema circostante e una crosta necrotica-purulenta.
Ulcere vasculitiche:
Tipica di queste lesioni che coinvolgono i piccoli vasi è la porpora palpabile che può svilupparsi intorno a vescicole o bolle necrotiche che poi evolvono in ulcere.
Quando sono coinvolti i vasi di medie dimensioni, generalmente le lesioni presenti sono i noduli sottocutanei, ulcere necrotiche, livedo racemosa.
Pioderma gangrenoso:
E’caratterizzato da un’ulcera singola o multipla a sviluppo rapido, molto dolente, con margini necrotici ed eritema circostante. Spesso inizia con una pustola che poi evolve in bolla necrotica e successiva lesione ulcerativa. Nella fase acuta può essere associata a segni/sintomi sistemici come febbre e leucocitosi.
Faccio stendere la signora Antonia sul lettino. Scopre bene le gambe fino all’inguine (correttamente aveva indossato solo dei gambaletti) e le rimuovo la medicazione che il collega sostituto le aveva fatto il giorno prima. Prima di soffermarmi sulla lesione specifica, faccio correttamente un esame obiettivo completo degli arti inferiori: valuto quindi la presenza di polsi periferici, di edema, di varici, la sensibilità cutanea, il termotatto.
Quando ispeziono pertanto la mia paziente con l’ulcera, non devo soffermarmi esclusivamente sulle caratteristiche dell’ulcera stessa, ma anche valutare tutta l’obiettività degli arti inferiori che mi può essere utile per capire il contesto in cui l’ulcera si è sviluppata e quindi propendere più per una o per un’altra diagnosi. In particolare gli elementi che andrò a ricercare sono:
Per quanto concerne la patologia venosa, la presenza di ulcera attiva rientra nello stadio 6 della classificazione C.E.A.P. Il fatto però di trovare in associazione gli elementi presenti negli altri stadi, mi aiuta a capire che molto probabilmente quell’ulcera deriva da un contesto di insufficienza venosa cronica. Vado dunque a ricercare la presenza di teleangectasie o vene reticolari, varici vere e proprie, edema, modificazioni cutanee quali iperpigmentazione o eczema/lipodermatosclerosi o atrofia bianca.
La diagnosi di ulcera venosa è infatti una diagnosi basata sulla clinica.
L’ecocolordoppler venoso che valuta la presenza e la sede di reflusso o ostruzione nel sistema venoso superficiale, profondo o nelle vene perforanti è indicato solo se la diagnosi non è chiaro o se è indicato un intervento chirurgico.
Per quanto concerne invece la patologia arteriosa, dovrò valutare la presenza e le caratteristiche dei polsi arteriori (femorali – poplitei – pedidei), il colorito cutaneo all’estremità (pallore) che diventa più evidente all’elevazione dell’arto, la presenza di ipotermia cutanea, eventuale presenza di un soffio a livello femorale, un prolungato tempo di riempimento capillare, perdita dell’apparato pilifero, cute sottile e fragile.
In aggiunta alla palpazione dei polsi periferici alla gamba e al piede, un semplice metodo per identificare la riduzione della perfusione a livello periferico, è la misura dell’ankle-brachial index (ABI). Per l’esecuzione di tale esame è necessario un comune sfigmomanometro e un piccolo device doppler. Un ABI < 0.9 indica un’insufficienza arteriosa e comporta esami successivi (ecocolordoppler arterioso arti inferiori e valutazione del chirurgo vascolare); più l’ABI è basso, più è grave la riduzione dell’apporto arterioso: ABI < 0,5 sono generalmente presenti in pazienti con un’arteriopatia severa e lesioni ulcerative delle estremità.
Per escludere che l’ulcera sia causata o favorita dalla presenza di una neuropatia, posso eseguire dei semplici test clinici, quali la valutazione della perdita della sensibilità pressoria al monofilamento di 10 g e/o della sensibilità vibratoria mediante diapason sul dorso dell’alluce, preferibilmente inseriti in un sistema strutturato a punteggio, come il Diabetic Neuropathy Index:
Il Diabetic Neuropathy Index è diagnostico per polineuropatia sensitivo-motoria simmetrica distale cronica se > 2 punti. La valutazione delle sensibilità deve essere effettuata in un ambiente tranquillo e rilassato. In primo luogo applicare il monofilamento sulle mani del paziente (gomito o fronte), in modo che sappia cosa aspettarsi. Il paziente non deve essere in grado di vedere dove l’esaminatore applica il filamento. I tre siti da testare su entrambi i piedi sono: al 1° dito lato plantare, sulla pianta dei piedi in sede antero mediale e anterolaterale. Il monofilamento va applicato perpendicolarmente alla superficie della pelle.
Va applicata la forza sufficiente a causare il piegamento del filamento per una durata totale dell’applicazione che dovrebbe essere approssimativamente di 2 secondi. Applicare il filamento lungo il perimetro, non sul sito di un’ulcera, callo, tessuto cicatriziale o tessuto necrotico. Premere il filamento sulla pelle e chiedere al paziente se sente la pressione applicata (si/no) e successivamente dove sente la pressione (piede sinistro/piede destro). Ripetere questa applicazione due volte nello stesso sito, ma alternare questo con almeno un’applicazione “finta”, in cui nessuna pressione viene applicata (totale tre valutazioni per sito). La sensibilità è presente in ogni sito, se il paziente risponde correttamente a due su tre applicazioni. Sensibilità assente con due delle tre risposte errate.
Per valutare gli altri tipi di sensibilità, riporto i vari test, tutti semplici e facilmente eseguibili.
Sensibilità pressoria: test del monofilamento
Sensibilità vibratoria: test del diapason
Sensibilità dolorifica: puntura di spillo sul dorso dell’alluce
Sensibilità tattile: batuffolo di cotone sul dorso del piede
Riflessi: riflessi rotuleo e achilleo
Forza muscolare: estensione dell’alluce, dorsiflessione della caviglia
Dunque visito la signora Antonia: i polsi femorali, poplitei e pedidei sono perfettamente normo e isosfigmici, i polsi femorali e poplitei non presentano soffi, il piede è caldo e la sensibilità è conservata. Nonostante la pregressa TVP e l’obesità, la paziente non mostra nessuno segno di insufficienza venosa: non ha teleangiectasie, varici, edema, dermatite da stasi, nulla di nulla. Se non avesse l’ulcera, direi che ha delle gambe quasi migliori delle mie. Nel mio ambulatorio mi sono anche dotata di un piccolo Doppler, cosi che vado anche a valutare l’ABI (ankle brachial index) che risulta pari a 1 bilateralmente.
A questo punto (vi faccio attendere ancora prima di vedere l’ulcera), inizio a pensare che probabilmente non mi sarà sufficiente la mia valutazione clinica ma dovrò riferirmi a un dermatologo o altro specialista vista la natura non comune dell’ulcera: sia l’anamnesi di come è comparsa (pustola evoluta, dolente … etc) sia la totale assenza di obiettività propire delle cause comuni, mi fanno pesare a cause non comuni da ricercare e approfondire.
Ribadiamo un attimo l’importanza e il significato della valutazione clinica in un paziente con ulcera/e agli arti inferiori e vediamo che cosa andiamo a ricercare e perché.
La valutazione clinica in questo caso è mirata soprattutto a restringere il campo delle possibili diagnosi. Visto – come detto – che la grande maggioranza delle ulcere sono causate da insufficienza venosa, arteriosa o da neuropatia, vado innanzitutto a ricercare i segni/sintomi di queste condizioni. Diagnosi alternativa – come nel caso della nostra signora Antonia – vanno ricercate quando il paziente non ha caratteristiche di queste tre condizioni o quando non rispondono a un trattamento appropriato.
Già l’anamnesi è molto importante per orientarci sull’eziologia (come abbiamo già detto in precedenza, le tre cause principali hanno fattori di rischio, sede e sintomi piuttosto caratteristici),
ma è sempre bene recuperare informazioni addizionali che ci possono orientare verso altre cause:
o storia di trauma pregresso nella sede dell’ulcera (ulcera traumatica, pioderma gangrenoso)
o dolore severo (ulcere arteriose, da occlusione microvascolare o pioderma g.)
o rapido sviluppo dell’ulcera (ulcere infettive, pioderma gangrenoso …)
o sottostante coagulopatia o trombosi (ulcere venose, occlusione microvascolare …)
o sottostante malattia ematologica o autoimmune (vasculiti, pioderma g.)
o presenza di altre malattie croniche (aterosclerosi, diabete, malattie infiammatorie intestinali, panniculite …)
o utilizzo di farmaci (warfarin, eparina o idrossiurea)
o scarsa mobilità (lesioni da pressione)
o fumo (ulcere da tromboangioite obliterante)
Nell’esame clinico devo invece ricercare sia le caratteristiche cutanee e non cutanee che mi possono indicare la diagnosi, sia le caratteristiche proprie dell’ulcera (localizzazione, forme, fondo …). Vi sono poi caratteristiche cliniche particolari che mi aiutano a restringere il campo delle possibilità diagnostiche:
o porpora palpabile (da vasculite di piccoli o medi vasi)
o noduli cutanei (da vasculite dei vasi di medio calibro o pannicolite)
o predilizione delle aree con maggior contenuto adiposo (ulcere da warfarin o da calcifilassi)
o livedo reticularis (da occlusione microvascolare)
Devo inoltre ricercare la presenza di segni legati a una possibile infezione secondaria (calore, rubor, drenaggio purulento, edema, ulcera maleodorante …) o di osteomielite (es. osso visibile …).
A volte, riconoscere la presenza di un’infezione nelle ulcere degli arti inferiori non è facile, ma è essenziale. Le ulcere diabetiche sono quelle più a rischio di infezione: oltre la metà dei pazienti diabetici che si presentano nei nostri studi per la valutazione dell’ulcera, presentano già un’infezione in atto.
L’identificazione precoce dell’infezione nelle ulcere del piede nei diabetici è un elemento critico in quanto un paziente su cinque con ulcera diabetica infetta va incontro a amputazione.
La diagnosi della presenza di infezione è fatta su base clinica e non dovrebbe essere basata su esami colturali dal tampone della lesione: i reperti microbiologici servono piuttosto ad indirizzare la terapia antibiotica.
Ecco finalmente il momento di soffermarci sulle caratteristiche dell’ulcera perimalleolare della signora Antonia. Guardiamola un attimo.
E’ un’ulcera a margini netti, con bordi ispessiti e rilevati, eritematosi, fondo in parte fibrinoso e in parte con aree necrotiche.
A questo punto, alla luce della normalità del restante esame obiettivo, delle caratteristiche anamnestiche (esordio rapido con pustola evoluta rapidamente in lesione bollosa e poi ulcera, dolente), ritengo utile un approfondimento con es. ematochimici e biopsia.
Parliamo un attimo della biopsia cutanea.
Innanzitutto diciamo che nella maggior parte dei casi non è necessaria l’esecuzione di una biopsia. Può essere utile tuttavia quando la diagnosi dell’ulcera non è chiara o quando l’ulcera non risponde alla terapia in corso. L’esame istopatologico è particolarmente utile quando tra le diagnosi differenziali sono comprese le vasculiti, le patologie da occlusioni microvascolari, panniculiti, infezioni o neoplasie.
In generale, le biopsie diagnostiche sono eseguite a livello del bordo dell’ulcera.
La biopsia cutanea è una procedura relativamente semplice ma essenziale per la diagnosi dei disordini sopra citati. Spesso le biopsie non sono diagnostiche perché fatte in casi non necessari o per errori del prelevamento. Oltretutto, molte patologie dermatologiche non hanno un’istopatologia specifica, e la biopsia dunque non può nè deve sostitutire la pratica clinica.
La biopsia cutanea è indicata nei seguenti casi:
o tutte le lesioni sospette neoplastiche
o tutte le patologie bollose
o per chiarire la diagnosi quando rientrano in diagnosi differenziale un numero limitato di entità.
La biopsia può essere inoltre un trattamento definitivo per lesioni neoplastiche, precancerose, irritative on infiammatorie.
Per quanto concerne il tampone dell’ulcera per l’esame colturale microbiologico, è importante sottolineare che esso non è raccomandato in assenza di segni clinici di infezione perché la colonizzazione batterica delle ulcere è molto frequente. Se invece vi sono segni clinici di infezione (topica e/o sistemica), l’esame colturale non viene fatto per confermare la diagnosi di infezione (che è clinica) ma per guidare la terapia antibiotica. In questi casi comunque l’esame colturale deve essere fatto da tampone profondo dell’ulcera (meglio se in corso di pulizia chirurgica), tramite aspirazione del drenaggio purulento quando presente, ed eventuale biopsia tissutale che possono identificare il microrganismo responsabile e possono guidare la terapia antibiotica specie se non vi è risposta dalla terapia in corso. Molte infezioni acute, ancora non trattate, sono causate da germi Gram pos come gli staphylococci. Le infezioni croniche, specie dopo cicli di antibiotici, sono generalmente polimicrobiche con gram +, gram – e anaerobi. Le infezioni necrotizzanti severe sono caratterizzate dalla presenza di crepitii, bolle, necrosi estesa e richiedono il consulto urgente di un chirurgo.
Dunque abbiamo ispezionato l’ulcera della signora Antonia e oltre ad eseguire l’esame obiettivo completo degli arti inferiori (e generale naturalmente). Dalla negatività dell’esame obiettivo – nonostante la signora avesse diversi fattori di rischio- le tre cause principali (arteriosa, venosa e neuropatica) appaiono improbabili in quanto non vi è alcun sintomo/segno associato: non vi sono segni di arteriopatia, ne di insufficienza venosa ne di alterazione della conduzione nervosa.
A questo punto devo sospettare un’origine non comune dell’ulcera.
Le faccio pertanto eseguire un emocromo, indici di flogosi, indici di autommunità, elettroforesi sieroproteica, markers neoplastici in modo da cercare di orientarmi. Con tali esami ho un pannello completo per valutare le cause non comuni principali (vasculiti, neoplasie, altre cause autoimmuni..)
Approfondiamo meglio ora le cause non comuni e le loro caratteristiche, proprio al fine di capire quali esami di laboratorio mi orientano verso un tipo piuttosto che un altro.
Le cause meno comuni di ulcere alle gambe sono multiple e comprendono traumatismi, infezioni, vasculopatie, pioderma gangrenoso, panniculite, neoplasie, farmaci, puntura del ragno violino.
o Traumi fisici: da pressione, termici (sia freddo che caldo), da radiazioni. In questo caso le caratteristiche dipendono dal trauma che le ha causate. Le ulcere da decubito possono essere anche molto profonde con esposizione di tendini e dell’osso. In questo caso per la diagnosi è fondamentale l’anamnesi.
o Infezioni: l’agente eziologico può essere un batterio, fungo, spirochete, protozoo sia per inoculazione diretta che per diffusione sistemica. I germi più comuni sono gli streptococchi e gli stafilococchi. Vi possono essere anche cause meno comuni come infezioni da micobatteri atipici, stadio terminale della sifilide, leishmaniosi, infezioni fungine profonde, specie negli immunodepressi. Le caratteristiche dell’ulcera dipenderanno dall’agente eziologico: un foruncolo causato da MRSA può evolvere in un vasto ascesso; lo streptococco pyogenes determina l’ectima, una forma di impetigo non bollosa; la Pseudomonas Aeruginosa può causare in tempi rapidi ulcere gangrenose con evoluzione necrotica.
o Vasculiti: le vasculiti dei vasi di piccolo o medio calibro possono causare ulcere agli arti inferiori. Le vasculiti dei piccoli vasi possono essere idiopatiche o conseguenza di infezioni, farmaci, crioglobulinemia mista, cause autoimmuni (LES, artrite reumatoide, Siogren) o neoplastiche (soprattutto ematologiche). La poliarterite nodosa interessa i vasi di medio calibro, l’infiammazione sia dei vasi di piccolo e di medio calibro è generalmente associata a positività per gli ANCA, come nella granulomatosi di Wegener, Churg Strauss e la poliangioite microscopica. La clinica principale è una porpora palpabile che può evolvere in vescicole o bolle che poi diventano ulcere. In questi casi è fondamentale la biopsia (meglio se di una lesione precoce e palabile) che evidenzia una vasculite leucocitoclasica e necrosi fibrinoide a livello delle pareti dei vasi.
o Vasculopatia livedoide: è una condizione ulcerativa della cute, cronica, più comune in donni giovani o di mezza età. La patogenesi non è ben chiara, ma sembra vi sia implicato uno stato di ipercoagulabilità. Le lesioni sono dolenti, crostose, ulcerative che evolvono lentamente verso la guarigione; generalmente l’interessamento è bilaterale. Quando l’ulcera guarisce, lascia in sede una cicatrice stellata, bianca, nota come atrofia bianca. Anche in questo caso la diagnosi è bioptica.
o Tromboaingioite obliterante:è una vasculopatia infiammatoria che determina l’occlusione dei vasi di piccolo e medio calibro, sia venosi che arteriosi. E’ caratterizzata da trombi infiammatori che occludono i vasi, mentre la parete ne è risparmiata. E’ piuttosto rara, e colpisce soprattutto maschi fumatori di giovane e media età. Interessa soprattutto gli arti inferiori, ma può colpire anche quelli superiori e presenta come comuni caratteristiche il fenomeno di Raynaud e tromboflebiti superficiali. La diagnosi si basa sull’anamnesi (positiva per fumo), esame obiettivo e l’angiografia.
o Occlusioni microvascolari: possono essere determinate da diversi meccanismi come l’aggregazione piastrinica (necrosi eparina-indotta, trombocitemia …), crioagglutinazione (crioglobulinemia, criofibrinogenemia), coagulopatie (necrosi da warfarin, deficit di proteina C o S, sindrome da anticorpi antifosfolipidi) e calcifilassi. La clinica dipende dall’eziologia; generalmente sono molto dolenti e associate a porpora reticolare. La diagnosi dipende dall’eziologia, ma spessp la biopsia è utile.
o Anemia falciforme: le ulcere sono localizzate a livello dei malleoli laterali e mediali e sono molto dolorose e difficili da trattare.
o Pyoderma gangrenosum: è una dermatosi neutrofila spesso associata a disordini sistemici sottostanti, come malattie infiammatorie intestinali, artrite o patologie ematologiche (es. leucemie, mielodisplasia, gammapatia IgA monoclonale). Si presenta generalmente come un’ulcera singola o multipla, rapidamente progressiva, che inizia come lesione pustolosa per poi evolvere in una bolla necrotica che quindi si ulcera con drenaggio suppurativo. Le gambe sono il sito più comune. La diagnosi è per esclusione, in quanto non ci sono elementi specifici: la biopsia evidenzia generalmente un infiltrato neutrofilo nel derma, spesso circondato da cellule mononucleari.
o Neoplasie: le ulcere possono essere una caratteristica del tumore stesso o possono essere dovute a una trasformazione maligna di un’ulcera cronica. Diverse neoplasie cutanee possono causare ulcere.: carcinoma squamocellulare, basocellulare, linfomi cutanei, melanomi…. La diagnosi è istologica.
o Farmaci: i farmaci associati con lo sviluppo di ulcere agli arti inferiori sono il warfarin, l’eparina e l’idrossiurea.
La signora Antonia ritorna portandomi in visione gli esami prescritti. Presenta un rialzo degli indici di flogosi (VES e PCR) e leucocitosi neutrofila. Tutto il resto (autoimmunità, markers neoplastici, elettroforesi, crioglobuline …) risulta tutto nella norma. L’ulcera per il momento permane costante, ma in prossimità se ne è formata un’altra più piccolina con le medesime caratteristiche.
Attendiamo la risposta della biopsia eseguita sui bordi dell’ulcera.
Visto che sono curiosa, telefono in anatomia patologica e chiedo se per caso è pronta: la collega mi dice che hanno evidenziato esclusivamente un abbondante infiltrato neutrofilo.
Ora – con i dati che abbiamo a disposizione (anamnesi della signora, caratteristiche di comparsa e ispettive dell’ulcera, risultato degli esami ematochimici e della biopsia), oltre alla descrizione delle cause non comuni che hai appena letto – penso alla diagnosi più probabile …
Tutti gli elementi ci fanno propendere verso una diagnosi di pioderma gangrenoso.
Cos’è questa cosa?, vi chiederete (specie se avete letto in fretta e male le descrizioni a completamento delle precedenti domande). Parliamone un attimo in modo più specifico e vediamo quindi perché è la diagnosi più probabile nel caso della signora Antonia.
Il pioderma gangrenoso è una dermatosi neutrofila non comune che si presenta come una patologia infiammatoria e ulcerosa della cute. A differenza di quanto si potrebbe pensare dal nome, non è ne una condizioni infettiva ne gangrenosa La forma di presentazione più comune è la comparsa di una papula o una pustola infiammatoria che evolve in un’ulcera dolente con bordi violacei sottominati e una base purulenta.
Oltre la metà dei pazienti che presentano il pioderma g. hanno una malattia sistemica sottostante; le malattie infiammatorie intestinali, le artriti e i disturbi ematologici rappresentano le comorbidità più comuni.
La diagnosi di pioderma gangrenoso rimane una diagnosi di esclusione in quanto non ci soo reperti patognomonici associati.
Possono essere colpiti individui di ogni età, ma interessa maggiormente adulti giovani o di mezza età, con un’età media compresa tra i 40 e i 60 anni, le donne sono maggiormente rappresentate.
E’ caratterizzato da un infiltrato neutrofilo al reperto bioptico, ma l’origine del processo infiammatorio che ne è alla base è sconosciuto. Verosimilmente, anche vista l’associazione con le patologie sopra citate, vi è una disregolazione del sistema immune con il contributo di una componente genetica predisponente.
Le manifestazioni cliniche sono variabili, e si distinguono quattro sottotipi: la forma classica ulcerata, la forma atipica bollosa, il pioderma pustoloso e la forma vegetante.
Recentemente sono stati sviluppati nuovi criteri diagnostici al Delphi consensus of international experts (2018): questi criteri includono un unico criterio maggiore (la biopsia dei bordi dell’ulcera deve dimostrare la presenza di infiltrato neutrofilo) e otto criteri minori che sono i seguenti:
1. esclusione di un’infezione
2. patergia cutanea (iperattività cutanea a comuni stimoli con comparsa di papulo-pustola)
3. anamnesi personale di malattia infiammatoria intestinale o di artrite
4. storia di papule, pustole o vescicole che rapidamente si ulcerano
5. bordi eritematosi, sottominanti, aumento di consistenza nella sede dell’ulcerazione
6. ulcerazioni multiple (almeno una in sede anteriore dell’arto inferiore)
7. aspetto cribriforme della cute in sede di guarigione
8. riduzione delle dimensioni dell’ulcera entro un mese dall’inizio della terapia immunosoppressiva
Per la diagnosi è necessario il criterio maggiore + almeno 4 criteri minori.
Gli accertamenti diagnostici hanno fondamentalmente due scopi: restringere il campo delle possibili diagnosi alternative e ricercare eventuali patologie associate al pioderma gangrenoso; per tale motivo – quando questa patologia è sospettata- è utile richiedere i seguenti accertamenti:
o emocromo completo (per ricercare eventuali patologie ematologiche sottostanti)
o pannello metabolico (per valutare eventuale disfunzione epatica o renale ed alterazioni glicemiche anche nell’ottica di un eventuale inizio di terapia steroidea o immunosoppressiva)
o ANA e ANCA
o studi di ipercoagulabilità
o pannello per epatiti (per valutare associazione epatite B e C, specie nei pazienti che dovranno essere sottoposti a terapia con immunomodulatori)
o fattore reumatoide
o elettroforesi sieroproteica ed eventuale immunofissazione (per ricercare paraproteine)
o RX torace (per valutare la presenza di interessamento extracutaneo ed escludere una possibile infezione prima di avviare terapia immunosoppressiva)
o Colonscopia (per ricercare la presenza di una malattia infiammatoria intestinale a meno che non sia già stata identificata un’altra causa associata al pioderma gangrenoso).
Il percorso diagnostico che abbiamo fatto ci permette di porre diagnosi di pioderma gangrenoso. Infatti, per quanto detto sopra, abbiamo le condizioni che soddisfano i nuovi criteri diagnostici del Delphi Consensus of International Experts del 2018: la biopsia evidenzia un’infiltrazione neutrofila e inoltre abbiamo almeno 4 criteri minori (patergia cutanea, ulcere multiple di cui almeno una sulla superficie anteriore della gamba, bordi eritematosi-duri-sottominati, anamnesi positiva per malattia infiammatoria intestinale). Naturalmente abbiamo già indirizzato la paziente allo specialista (dermatologo e gastroenterologo) che le avvieranno la terapia specifica … come si tratta il pioderma gangrenoso?
I dati sul trattamento del pioderma gangrenoso sono piuttosto limitati, pertanto non vi sono definitive linee guida sulla terapia. Il trattamento generalmente si basa sull’utilizzo di uno o più agenti immunomodulatori o sistemici. Il ruolo della chirurgia è abbastanza controverso per il fenomeno della patergia, caratteristica di questa malattia. Quando è possibile pertanto è bene evitarla, eccetto nei casi in cui essa sia imprescindibile (necrosi cutanea estesa con rischio infettivo elevato o se esposizione di tessuti quali tendini o legamenti).
La severità del pioderma gangrenoso influenza l’approccio al trattamento:
per pazienti con pioderma gangrenoso lieve e localizzato (poche ulcere superficiali), è indicato un trattamento topico con steroidi o tacrolimus.
Il paziente con forma di pioderma moderato che non migliora con il trattamento topico, è indicato l’utilizzo di farmaci sistemici: può essere indicato avviare un trattamento con dapsone o minociclina prima di passare ad eventuale terapia più aggressiva.
Se il pioderma gangrenoso è molto esteso, è indicato trattamento con glucocorticoidi sistemici; come alternativa alla prima linea di terapia si può utilizzare ciclosporina da sola o associata ai glucocorticoidi.
Vi sono poi diversi immunomodulatori che sembrano aver efficacia nel pioderma gangrenoso. In trials randomizzati l’Infliximab appare efficace, e può essere particolarmente utile in pazienti che necessitano terapia sia per il pioderma g. che per il morbo di Crohn.
Bene. Siete stati bravi, anche nell’ultima parte in cui si parla di una strana e rara patologia che potreste non incontrare mai nei vostri ambulatori. Eppure, come per tutte le cose in medicina, è bene conoscerla e sapere che esiste perché non si sa mai che il prossimo paziente che vi attende dietro la porta abbia proprio un pioderma gangrenoso. Quello che è importante che vi rimanga di questo caso, è l’approccio da tenere di fronte a un paziente con un’ulcera agli arti inferiori: sapere quali sono le cause più comuni, riconoscerne le caratteristiche cliniche associate, e avere idea del percorso diagnostico verso cui indirizzare il paziente. Non richiedere un tappeto di esami, ma ragionarci su. Come sempre, usare la testa.
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