IL NOSTRO VIAGGIO AI TEMPI DEL COVID 19
Quando sei più giovane, fai l’elogio alla Follia. Quando gli anni avanzano, capisci che è la quiete il tuo obiettivo. E quando sei – come me – in quell’età di mezzo dove gli elfi goliardici litigano con i goffi giganti, capisci che anche se punti alla quiete, è comunque il caos che ti circonda.
E il COVID-19 ne ha creato parecchio. Ha modificato le nostre abitudini, il nostro modo di lavorare, le nostre attività e il nostro modo di pensare. Prima bastava un camice bianco, ora invece serve un camice verde, una cuffietta in pendant, doppi guanti e visiera. Prima, in caso di febbre, cercavi tra le principali diagnosi differenziali, ora il primo obiettivo è escludere il coronavirus.
Ho cercato di seguire non più del 50% delle notizie e dei dibattiti sui media e sui social inerenti il contagio, perché il 100% mi avrebbe causato insonnia, ansia e preoccupazione. Ma già così, non potevo evitare il disagio nel sentire dei numerosi focolai epidemici nelle strutture residenziali per anziani, i decessi conseguenti, la malattia tra i dipendenti; in una casa di riposo di Madrid, la direttrice si è dovuta rivolgere all’esercito per tenere sotto controllo una situazione ormai ingestibile per assenza di personale e numero di morti in progressione.
Queste notizie mi causano ora sentimenti contrastanti, sicuramente tristezza, ma, se penso al mio luogo di lavoro – un’A.S.P. comprensiva di Residenza per Anziani e RSA, La Quiete di Udine – anche orgoglio e sollievo. Abbiamo lavorato bene, fin da subito, e vi voglio raccontare come.
Nella seconda metà di febbraio si scatena tutto. Allora reggevano ancora parzialmente i criteri epidemiologici, ma rapidamente le zone rosse si estendono anche in Italia, e i criteri iniziano a decadere.
Chi lavora in una Residenza per Anziani, sa che il rischio di diffusione di una malattia infettiva è sempre molto alto proprio per le caratteristiche intrinseche di queste: si tratta di una vita comunitaria dove gli ospiti condividono le stanze, gli spazi comuni, pranzano insieme e gli stessi operatori si prendono cura, a stretto contatto, di molti ospiti.
Ed è proprio questa consapevolezza che ci ha portato alla necessità di arrivare a una diagnosi rapida dei casi sospetti di COVID19 e di attivare tutte le precauzioni possibili.
TAMPONI
Il primo caso sospetto – prima ancora che diventasse una pandemia -era quello di un’anziana ospite che aveva incontrato 15 giorni prima il figlio di Padova (allora zona rossa, a differenza della nostra regione): non avevamo ancora un percorso definito per l’esecuzione del tampone, ma a me e alla disponibilissima infettivologa reperibile, era chiaro che il tempone era da fare: tramite il 118, la paziente è stata accompagnata nel tendone istituito fuori dal padiglione di Malattie Infettive e, una volta escluso il covid, è stata riaccompagnata da noi.
Pochi giorni dopo, avevamo un altro caso sospetto: onestamente non volevo mobilizzare dal proprio letto una 90enne con clinica gestibile da noi, quindi, cercando nell’armadio della farmacia, ho recuperato un tampone faringeo che avevamo per la diagnosi dei virus influenzali e – in accordo con la stessa infettivologa – l’ho eseguito e l’ho portato personalmente a fine turno, verso le 21, in ospedale nelle mani della collega che mi ha pure ringraziato (no, io ringrazio te!). Anche tale tampone fortunatamente, come tutti gli altri poi eseguiti in seguito, è risultato negativo.
Successivamente, dopo questi primissimi casi sospetti, abbiamo creato un percorso per cui eseguiamo i tamponi in struttura e li portiamo – con mezzi di trasporto interno- in Dipartimento di Prevenzione.
STOP ALLE VISITE
Un altro aspetto importante è stato vietare gli accessi ai parenti fin dai primi giorni dell’epidemia: mi ricordo che il primo giorno di chiusura totale, che scattava alle 10 del mattino, i parenti che erano entrati alle 9 non volevano uscire per paura di non rivedere più il proprio caro. Ora quei parenti sono gli stessi che ci ringraziano per quella decisione e per la gestione generale, oltre che per le frequenti videochiamate possibili grazie al lavoro degli animatori.
FORMAZIONE
Se ai parenti veniva vietato l’accesso, è evidente che anche noi operatori sanitari – che non potevamo esimerci dall’entrare – dovevamo continuare ad entrare “sani” e ad adottare tutte le precauzioni del caso: eravamo consapevoli che anche nella nostra vita privata – al di fuori dei cancelli della Quiete – dovevamo mantenere le corrette norme di igiene e di distanziamento sociale, anche se ciò voleva dire mantenere le distanze anche con i nostri cari. Per rafforzare questo concetto, come per facilitare la conoscenza dei protocolli interni, abbiamo avviato già dai primissimi giorni dei corsi di formazione interni obbligatori per tutto il personale, tenuti inizialmente tutti i giorni e quindi 2 o 3 volte per settimana, con gli opportuni aggiornamenti in base alle nuove evidenze scientifiche o linee guida del ministero.
Attualmente abbiamo tenuto tre edizioni diverse: nella prima si parlava in generale del coronavirus, sintomi, trasmissione, DPI del caso; nella seconda, delle linee guida specifiche per la prevenzione e il controllo dell’infezione nelle strutture residenziali sociosanitarie e – nell’edizione attualmente in corso – illustriamo il nostro protocollo aziendale e i percorsi interni per la gestione dei casi sospetti, con specifici riferimenti al nucleo Alert.
COS’E’ IL NUCLEO ALERT?
Ora ve lo spiego, in quanto è stato un po’il fulcro delle nostre misure di contenimento che il nostro illuminato DG ci ha fatto istituire in tempi rapidi. Se i parenti non entrano, e noi entriamo sani (naturalmente con misurazione di temperatura all’ingresso e all’uscita, igiene mani e mascherina chirurgica fornita sull’uscio), è evidente che i casi più a rischio sono tutti i nuovi ingressi che provengono dall’esterno, in particolare dall’ospedale o da altra struttura residenziale. Tutti questi pazienti devono avere comunque – per poter accedere da noi – un tampone che sia risultato negativo ed eseguito al massimo entro 48 ore prima dell’ingresso. Tuttavia, alla luce del fatto che la sensibilità del tampone nasofaringeo è del 65-70%, noi non ci fidiamo comunque e continuiamo a considerali sospetti e necessitanti un maggior monitoraggio: vengono accolti pertanto nel nucleo Alert per un periodo di quarantena di 14 giorni e, solo se non sviluppano clinica compatibile , dopo tale periodo verranno trasferiti nelle altre residenze di cui è composta la Quiete.
Considerandoli casi sospetti in quarantena, l’equipe che se ne occupa, in modo esclusivo, è selezionata e formata e opera con tutti i DPI del caso, incluse maschere FFP2. Già sento il mio amico infettivologo che brontola che bastava la mascherina chirurgica per i droplets: probabilmente ha ragione, ma in un’emergenza di nuova comparsa, forse non è sbagliato avere un atteggiamento ultra-protettivo che sicuramente aiuta anche il personale a lavorare con maggior tranquillità.
Il nucleo Alert è isolato da tutto il resto della struttura da una porta tagliafuoco costantemente chiusa e i locali interni sono stati riconvertiti in modo tale da avere un’autonomia funzionale: anche il cibo viene servito in singole porzioni di plastica monouso in modo da non aver contaminazioni interno-esterno, così come per tutti gli altri servizi.
GESTIONE CASI SOSPETTI FUORI DAL NUCLEO ALERT
Naturalmente i casi sospetti possono verificarsi anche al di fuori del nucleo Alert; qualsiasi paziente che presenta sintomi/segni di infezione respiratoria acuta, viene segnalato immediatamente dal personale infermieristico a noi medici di struttura che eseguiamo il tampone; in attesa dell’esito il paziente viene spostato in stanza singola dedicata, con apposto sulla porta il simbolo di rischio infettivo e il personale entrerà nella stanza esclusivamente dotato di tutti i DPI del caso (inclusa FFP2): gli accessi in stanza saranno limitati, le attività raggruppate e , solo dopo l’esito negativo del tampone, si potranno rimuovere tutte le precauzioni.
I tamponi vengono eseguiti in struttura anche il giorno prima di qualsiasi accesso ospedaliero (ecografia addome, controllo oncologico …etc) e ciò serve anche a noi per mappare la negatività degli ospiti, con report aggiornati quotidianamente.
TUTELA DIPENDENTI
L’Azienda si è mossa subito per tutelare noi dipendenti: oltre a ordinare tutti i DPI possibili e immaginabili in ogni angolo remoto del mondo, in un periodo in cui sono diventati introvabili e costosissimi, ha ordinato anche fin da subito i test rapidi per la determinazione anticorpale IgG e IgM su goccia di sangue.
E’ vero che tali test al momento hanno valore principalmente epidemiologico, ma hanno una sensibilità e una specificità tali (>96%) che possono comunque indirizzare e selezionare chi è bene esegua un tampone, far nascere un sospetto, e rassicurare i dipendenti. Nelle linee guida del Ministero della Salute Cinese, sono comunque inseriti tra gli strumenti diagnostici raccomandati.
Successivamente, da fine aprile, il Dipartimento di Prevenzione si è organizzato (o meglio, ci ha fatto organizzare) per eseguire il tampone nasofaringeo a tutti i dipendenti con cadenza quindicinale.
RINGRAZIAMENTI (in ordine sparso)
Al mio Direttore Generale che con tempestività ci ha fatto adottare tutte le misure protettive, organizzative, logistiche del caso (all’inizio mi sembravano esagerate… e invece il DG ha sempre ragione)
Ai miei 3 colleghi medici (in realtà a una dei tre di più, per affinità elettive): tamponatori ufficiali della struttura, oltre che ricercatori di casi sospetti.
Alla super-segreteria della nostra ASP che coordina, gestisce, smista, protocolla, redige, inoltra, sopporta gli sfoghi interni ed esterni, “che legge e si ringrazia”.
Alla dirigente infermieristica della Direzione Sanitaria che vigila, controlla, centellina, distribuisce con buon senso i DPI, multitasking, disponibile H24
Agli infermieri che hanno permesso alla nave di navigare in acque tranquille nonostante la tempesta all’orizzonte, con timone sempre ben saldo e senza mai abbandonare il vascello
Agli OSS, forse i più esposti, che hanno lavorato con passione e dedizione a stretto contatto con i nostri ospiti, imparando e mettendo in pratica in fretta cose nuove
Al nostro RSPP che perde il sonno pensando a quale angolo della superficie terrestre deve ancora scandagliare per reperire altri DPI
Alla direttrice amministrativa che riuscirà a far quadrare i conti nonostante le spese impreviste da covid 19
A tutti gli uffici che, nonostante tutto, sono rimasti sempre attivi per il personale e per gli esterni
Al nostro informatico che – anche se mi ha messo a lavorare in guardaroba (invia la mail al guardaroba e arriverà a me)– è riuscito a mettere rapidamente a disposizione del nucleo Alert tutti gli strumenti informatici necessari
Agli animatori che hanno supportato e sopportato i parenti con chiamate, videochiamate, segnali di fumo e con qualsiasi altro mezzo esistente (mancava solo il 5G), e hanno permesso – in un’epoca di distanziamento – di avvicinare i cuori e di far sentire i nostri ospiti e i loro cari meno soli
Ai fisioterapisti che si sono autogestiti con grande sapienza e intelligenza, con precauzioni ed attenzioni, mantenendo attivi i nostri ospiti e aiutandoli nel conservare quel minimo di normalità in una situazione del tutto anormale
Agli operai che, oltre a continuare il loro lavoro, si sono reinventati trasportatori di tamponi per facilitare la loro esecuzione a quasi qualsiasi ora.
Se ho dimenticato qualcuno … gli offrirò da bere (oltre a chiedere scusa)!
LA BATTAGLIA NON E’FINITA, MA LA STIAMO COMBATTENDO MOLTO BENE.
Ps. Tanti saluti ad altri blog locali che ci stimano e ci seguono sempre con affetto.
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