Se cambiate Azienda e siete appena tornate al lavoro dopo la maternità, avrete molte ferie da smaltire in poco tempo. E il mese migliore è sicuramente novembre, il più piovoso di tutti. Non ho quindi casi clinici da proporvi per ora, ma una riflessione direttamente da San Candido…stavo infatti pensando…
………Quando l’uomo ha iniziato a studiare il proprio corpo?
Adamo ed Eva si osservavano tra di loro alla ricerca della costola mancante. O sovrannumeraria, dipende dai punti di vista. Non avevano del resto granchè da fare.
Ma anche gli eroi dell’Iliade mettevano in mostra, prima e dopo la battaglia, i propri muscoli, i tendini, i nervi (certo, dopo la battaglia forse mostravano più le ossa…), dimostrando comunque un’anatomia approssimativa che già andava formandosi. Il mistero del corpo era poi legato anche all’idea dell’aldilà, dell’Ade, perché dopo la morte “i nervi non reggono più l’ossa e la carne”, come spiega la madre di Ulisse a suo figlio quando cerca invano di abbracciarla.
Giulio Cesare, oltre a dire “alea iacta est”, fondò a Roma la scuola di medicina: vi erano numerose botteghe-ambulatorio ai bordi delle strade, dove venivano preparati farmaci con diverse erbe e piante (mi ha fatto un po’impressione leggere che molte di queste come il Silfio e la Dorema ammoniacum sono ormai estinte). Altro che omeopatia: i romani usavano la pianta vera, non diluizioni di diluizioni; piuttosto, falliti i medicamenti, si rivolgevano agli dei! Tra di loro, c’è Galeno: oggi sarebbe crocefisso dagli animalisti per tutte le vivisezioni compiute, ma di fatto ha potuto studiare anatomia e funzione di cervello, nervi e cuore … peccato che commise l’errore di prescrivere i salassi per le emorragie per andare dietro alla sua teoria umorale … Anche i migliori medici commettono errori.
Questo suo errore si trascinerà fino e oltre il Medioevo, altro grande capitolo per la medicina. Per tutti, citiamo Jacopone da Todi che ne fa un sunto molto indicativo della medicina dell’epoca nelle sue Laude:
“A me la fevre quartana, la continua e la terzana,
la doppia cotidiana co la granne etropesia.
A me venga mal de denti, mal de capo e mal de ventre,
a lo stomaco dolor pognenti, e ‘n canna la squinanzia.
Mal degli occhi e doglia de fianco
E l’apostema dal canto manco; (…)
Aia ‘l fecato rescaldato, milza grossa, el ventre enfiato,
lo polmone sia piagato con gran tossa e parlasia (…)
A me vegna la podagra, mal de ciglio sì m’agrava;
la disenteria sia piaga e le morroite a me e dia.
A me vegna el mal de l’asmo, iongasece quel del pasmo, como al can me venga el rasmo ed en bocca la grancia.”
Ed è cosi che avanza, a volte con qualche passo indietro, la medicina. Studiando come siamo fatti, come ci muoviamo, e come moriamo. E anche come pensiamo direi. Anche se quest’ultimo è tuttora inesplicato. Due neuroni non fanno un’idea, insomma.
Ma la letteratura non nasce e non avanza nello stesso modo forse? Con l’osservazione di noi stessi. Certamente si. Forse è per questo che letteratura e medicina sono strettamente correlate.
Del resto, è risaputo che i migliori medici escono dal liceo classico (è il mio blog, ricordate?, ogni riferimento personale è puramente voluto).
Non è un caso se Apollo è dio sia della medicina che delle arti. Ora sapete a chi rivolgervi in caso di necessità.
Vi sono molti casi di medici scrittori o di scrittori medici (parlo del passato glorioso, non pensate a Ignazio Marino per favore).
Pensate invece a Anton Cechov che disse “La Medicina è la mia sposa, ma il vero amore lo faccio con la Letteratura”.
Ma insieme a lui, ce ne furono tantissimi altri di illustri medici-scrittori: l’evangelista Luca forse è uno dei primi (e con sommo rispetto, forse non è un caso se il suo Vangelo è il migliore),
Michail Bulgakov (vi consiglio “il diario di un giovane medico”, ritratto crudo ma elegante della sua esperienza di medico alle prime armi spedito nei deserti gelidi della Russia del 1916-1917),
Arthur Conan Doyle (direi il primo inventore del metodo scientifico e della evidence based medicine sperimentata attraverso Sherlock),
Luis Ferdinand Celine (già il titolo è poetico: Voyaje au bout de la nuit)
Che Guevara (lasciate perdere come la pensate in politica, ma “I diari della motocicletta” meritano veramente di essere letti specie per chi come me ama i viaggi e ama il sud america, e anche il film non è male),
lo scrittore britannico A.J. Cronin (anche se in realtà, poverino, la professione medica fu per lui un po’ una costrizione: la famiglia lo pose dinanzi a una scelta, “puoi scegliere la medicina o la religione. Io ho scelto il male minore”).
Oliver Sacks, deceduto lo scorso anno, un genio eclettico: scalatore spesso in solitaria (in una di queste imprese quasi ci lasciò le penne), sperimentatore su se stesso di varie droghe per descriverne gli effetti, soffriva di prosopagnosia (se non sapete cos’è, c’è wikipedia)…io ho letto il diario di Oaxaca dove descrive un suo viaggio in questo stato messicano alla ricerca di usi, costumi, piante, insetti etc (vi dicevo che amo il sudamerica)
…ce ne sono poi tantissimi altri ancora, ma ho dovuto selezionare in base ai miei gusti (ripeto che è il mio blog, per le proteste avete i commenti).
D’altra parte, vi sono medici fittizi della letteratura che son diventati ben più noti di medici in carne e ossa: gli stessi Sherlock Holmes e il suo aiutante Watson, il dottor Zivago, Dr. Jeckill (e mister Hyde), il signor Bovary (anche se nel romanzo di Flaubert non fa una bella figura), Bernard Rieux de La Peste di Camus …
Insomma, abbiamo scelto una professione presente da sempre, che presentava in passato tratti mitici, tratti di cialtroneria (solo in passato?…pensiamo all’omeopatia, al metodo stamina, alle posizioni antivacciniste..), tratti romantici e tratti letterari.
Non è, e non sarà mai, puro tecnicismo come qualcuno può pensare. E’ e sarà sempre un’arte.
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