Potrebbe essere Antonio. Stessa maglietta, stessi pantaloncini, stesse suole di gomma. Stessi capelli, scuri scuri, come i miei, fin da quando è nato. Ma no, non è Antonio. Lui è qua vicino a me, è nato dalla parte corretta del mondo. È stato bravo. E anche io sono stata brava. Pare che se poi farò un terzo figlio, mi potrebbero regalare anche un pezzo di terreno. Magari prima di andare al lavoro, potrei piantare una pianticella di pomodoro, e la sera – tornando stanca a casa – mi metterò a zappare e a innaffiare. Osservo di nuovo la foto. Potrebbe essere Antonio. Quest’anno farà i suoi primi passi al mare. Sulla sabbia, così non si farà male quando, per l’equilibrio ancora instabile, cadrà. E poi farà i primi bagnetti, circondato da un comodo salvagente giallo anti-rovesciamento secondo gli standard CEE. Non affogherà, se sto attenta. Non è mica un bambino già “confezionato” proveniente dall’altra parte del Mediterraneo. In riva al mare, noi faremo castelli. Castelli di sabbia e di sogni. Guarderemo la linea del mare fusa con il cielo, attendendo con timore l’invasione di tutti questi bimbi “confezionati”. Come fossero prodotti, insomma. Come le magliette, le sciarpe o i pantaloni made in Pakistan, cuciti da mani di bambini che hanno avuto il pessimo gusto- anche loro – di nascere dalla parte sbagliata del mondo. Guardo Antonio, dorme beato nella sua culla. No, non è lui quello della foto. Poi io sono un medico, l’avrei salvato, l’avrei rianimato. In fondo l’ho fatto qua in Italia, mica l’ho confezionato da un’ altra parte del mondo. Oddio, ora mi viene un dubbio atroce… ma dove l’ho confezionato? Mica in Francia? Forse ero lì in vacanza quando… in ogni caso meglio lì che in Madagascar.. Ma forse con “bello pronto e confezionato” si intende che basta che nasca in Italia, e non giunga qua già fatto. Forse no, mi dicono che non basta neppure che nasca in Italia. Comunque no, non può essere Antonio. Lui viaggerà, studierà, capirà, forse si sposerà e mi darà nipotini, se lo vorrà. No, non può essere quello in foto. Qualsiasi futuro è negato al bimbo della foto. Eppure è veramente uguale. Ma il volto no, non lo vedo, non saprei dirvi. Mi prende l’ansia. E se fosse lui? E se fosse un’immagine del suo futuro? Farei di tutto per dargli un futuro migliore. Mi imbarcherei con lui a Lisbona, se fossimo perseguitati in Europa, anche su un’imbarcazione instabile e piena di altri fuggitivi disperati come noi, per raggiungere le Americhe. Ci proverei. Il suo futuro è ciò che più conta. E lasciarlo nelle mani di chi giudica i bimbi identici a lui, solo nati da un’altra parte del nostro pianeta, come “confezionati” mi terrorizza. Poi lo guardo. Dorme sereno. Ma so che lui – come la sorellina – sono battaglieri. Come la mamma, del resto. E confido che sapranno accogliere quei bimbi all’orizzonte, come fratelli. Perché, come dice Neruda, potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno la primavera.
CONFEZIONATI

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