IL DG

Da buon medico clinico, più avvezza a palpare pance ed auscultare polmoni, mi sono sempre tenuta lontano dai piani alti dove sembrano alloggiare e aleggiare i Direttori.

Una volta ne ho incontrato uno al quale mi ero rivolta per disperazione: mi ha battuto la mano sulla spalla dicendomi “stai serena”, più o meno negli stessi anni e con lo stesso significato con cui Renzi lo disse a Letta.

A parte questo fugace incontro, ho sempre visto la Direzione come un’entità macchinosa, burocratica, indaginosa e lontana anni luce del nostro lavoro. Tanto lontana da non accorgersi delle ore extra, dei turni notturni consecutivi, del gioco a tetris per trovare un letto ai pazienti, delle aggressioni da parte di pazienti inferociti e dell’ansia per le possibili denunce.

Con i primari sono stata (in parte) più fortunata: da alcuni ho attinto in abbondanza dalla loro esperienza clinica, mentre da altri – più obiettivo-centrici – ho preso solo incazzature e palpitazioni.

E’ in quest’ultimo contesto che decido di voltare pagina e di trasferirmi da un’azienda ospedaliera a un’azienda per i servizi alla persona: già il nome – mettendo al centro la “persona” – mi sembrava un buon inizio. Un altro vantaggio per cui apprezzavo il cambiamento, ma che in parte anche mi spaventava, era l’assenza di un primario: sarei stata più libera, indipendente e autonoma, niente più tempi stretti per le dimissioni, niente più gite nei letti fuori reparto.

Pensavo di aver trovato una semplice oasi di pace medica, e invece ho trovato un’enorme Struttura con una grande Organizzazione dove crescere e da far crescere.

E soprattutto ho scoperto e ho rivalutato la figura del Direttore Generale, su cui mi sono appoggiata per molte cose e che sono arrivata quasi a idolatrare nella fase della pandemia, che ha colpito con maggior violenza proprio le Residenze per Anziani come la nostra.

Quando pensavo che non avrei avuto un capo diretto, non consideravo che nelle Residenze per Anziani, l’aspetto socio-assistenziale è ancora più importante di quello sanitario: quindi il mio capo non bastava fosse un buon medico, ma doveva essere per forza un manager, un leader, un garante della qualità e del corretto funzionamento di tutta la Struttura.

Ma quali qualità deve avere un buon Direttore Generale? Tante e variegate. Elenchiamo le principali:

  • Gestione delle risorse umane: le attività del management orientate a gestire, valutare e valorizzare i propri collaboratori. Personalmente – a differenza di altri lavori da me svolti in precedenza- mi sono sentita valorizzata, le mie idee ascoltate e di conseguenza, maggiormente stimolata a lavorare bene.
  • Capacità organizzativa: fa riferimento alle attività di definizione delle variabili organizzative (strutture, ruoli, processi, responsabilità) nel modo più opportuno rispetto ai piani. Nel piano per l’emergenza COVID19, l’organizzazione è stata per forza di cose stravolte, sono cambiati i compiti e le priorità. Se ciò avviene senza una guida regna il caos; con la guida giusta come nel nostro caso, si arriva a sviluppare delle capacità di adattamento che poi sono utili per tutti gli aspetti lavorativi e non.
  • Programmazione e progettazione delle attività: la definizione degli obiettivi e delle azioni da porre in essere per raggiungerli efficacemente. Mi sono sentita partecipe anche nella definizione degli obiettivi – in parte stoppati dall’emergenza – con lo sviluppo di tante e numerose idee e progetti da mettere in atto appena migliora il quadro epidemiologico del COVID-19. Già quando un progetto inizia a prendere forma nella mente, il lavoro diventa più stimolante, un po’ come succede con i viaggi. In precedenza – in ambito ospedaliero – mi sembrava di subire gli obiettivi che in parte neppure comprendevo o condividevo.
  • Orientamento a breve o lungo periodo: riguarda la visione strategica del management e il focus sulle varie attività. Il lungo termine e la capacità di guardare lontano sono molto importanti per una struttura come la nostra, e questo va fatto considerando anche il gruppo perché “da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano” (citazione colta dei Me contro Te … chi ha bambini piccoli, sa di cosa parlo)
  • Capacità di analisi: le attività di analisi e le capacità di comprensione dei fenomeni complessi che si verificano nell’ambito delle attività quotidiane; dall’opportuna analisi nasce l’opportuna e conseguente azione. Ma per analizzare bisogna conoscere bene e avere anche capacità di astrazione non banali.
  • Competenze economiche: le valutazioni relative agli aspetti economici e finanziari della gestione; io su questo sarei un completo fallimento; già adesso a casa con il superbonus mi fuma ogni tanto la testa, per cui ammiro chi ha tali competenze che per me sono paragonabili all’arabo antico.
  • Qualità: in quest’area le valutazioni riguardano gli aspetti più qualitativi della gestione e quindi i risultati di tipo non quantitativi. Il DG deve essere infatti anche un garante della qualità, aspetto non trascurabile, ma anzi fondamentale. Ciò che si fa, deve essere fatto bene.
  • Comunicazione: fa riferimento alle varie capacità del manager di trasmettere in maniera efficace i propri intenti e le proprie aspettative. Il nostro DG lo fa spesso: mantiene sempre un canale di comunicazione attivo, sia di persona, sia tramite i vari strumenti digitali (zoom, whats up, messaggi, mail, telefonate). E’ proprio vero che un DG deve essere sempre connesso come nell’immagine sottostante.
  • Leadership: in quest’ambito rientrano le attività di coordinamento, guida e supervisione dei collaboratori. C’è una differenza enorme, infatti, tra capo e leader.
  • Capacità di relazionarsi con l’ambiente: quest’area riguarda la capacità di uscire fuori dal proprio contesto specifico al fine di costruire relazioni positive con i vari stakeholder esterni. Vuol dire insomma non limitarsi a guardare sempre lo stesso orizzonte, ma scoprirne di nuovi.

Oltre a queste già molteplici capacità, la pandemia da COVID-19 ha richiesto ulteriori doti per uscirne quantomeno con dignità: mi riferisco soprattutto alla capacità di agire con tempestività e, possibilmente, anche con anticipo.

Il mio DG, infatti, riusciva a mettere in atto tutte le misure necessarie già prima che diventassero raccomandazioni del Ministero o delle varie Organizzazioni Internazionali. Sto cercando ancora di capire come facesse: doti profetiche? Studi approfonditi? Mente illuminata? Forse, prima della pensione, lo capirò. Oltre a questi elementi astratti, vi sono anche elementi pratici: non c’è mai stata una volta che non rispondesse (o richiamasse immediatamente) a una chiamata a qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi giorno della settimana, non una volta che non mi abbia risolto un problema una volta che glielo avevo esposto.

Detto questo, vi spiegherò il motivo di questo post: l’elaborazione del lutto.

Scrivere mi ha sempre aiutato a capire e a sfogarmi.

No, tranquilli, il mio DG è vivo e vegeto e gode di ottima salute.

Ma gli anni, il tempo e le mutevoli vicende politiche fanno sì che potrebbe non essere riconfermato; e – da semplice medico quale sono – faccio fatica a comprendere la motivazione e la vivo un po’ come una perdita ingiusta.

Sicuramente il mio DG non ha bisogno dell’ASP, ma sono convinta che l’ASP abbia bisogno del DG.

Tale bisogno è accentuato dal fatto che ci troviamo nel mezzo di una pandemia, che avrà ripercussioni organizzative ed economiche sulla nostra struttura sia a lungo che a breve termine;

rimanere senza DG ora è un po’ come causare una crisi di governo nel bel mezzo della pandemia…. Ops, effettivamente è successo pure questo.

Quando hai un calciatore fuoriclasse con contratto in scadenza le scelte sono dunque tre:

  • lo sostituisci con un altro fuoriclasse (molto difficile da trovare statisticamente)
  • lo riconfermi
  • prendi un brocco e ti tieni i soldi

In ogni caso, il presidente della squadra di calcio, avrà la responsabilità di queste scelte coraggiose.

Mi sa che sto divagando, forse perchè mi manca troppo andare allo Stadio Friuli la domenica (…in compenso mio marito è contento così non deve sopravvivere da solo ai 3 pargoli sbraitanti…)

Chiudo quindi con una frase di Napoleone che affermava che non ci sono cattivi reggimenti, ma solo colonnelli incapaci. Ma quando sia il reggimento che il colonnello sono capaci, dove dobbiamo cercare gli incapaci?

Tutto questo panegirico è per dirle GRAZIE, DG.

Bibliografia

Come i professionisti sanitari possono trasformarsi in manager – IHPB -Italian Health Policy Brief ;  anno VIII n.1 2018

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