“20….anzi no 24. Ventiquattro”.
Così mi dice un paziente appena entro nella sua stanza.
Lo guardo incuriosita e aspetto un po’. “Si, si, 24”. Mi ripete convinto. “Sa dottoressa, stavo pensando alla guerra”. Gli chiedo allora quando fosse nato. “Nel 1936”.
I nuovi ingressi non sono ancora arrivati, e le cose organizzative le lascio a menti superiori.
Così mi prendo il tempo per sedermi e ascoltarlo. Il tempo e il privilegio, direi.
“Ero alle elementari, a quell’epoca i tedeschi scappavano verso la Germania, con camion e armi. Un giorno io e i miei amichetti, con l’incoscienza della gioventù, abbiamo rubato delle specie di razzi vicino al camion dei tedeschi….un tubo di ferro…guardavo dentro per vedere se c’era bachelite, poi mi esce da sotto il percussore…insomma, lo volevo tenere per ricordo, ma mi sa che ho rischiato…
Certo che il ricordo che non cancellerò mai, è il rumore delle mitragliatrici che fucilavano i partigiani. Erano 24 uomini. Tutti in fila. Li hanno fatti passare vicino al muro del Duomo di Villanova, uno dopo l’altro. In fila. E quando passavano davanti a un’apertura nel muro, gli gridavano “los, avanti!”. E quello che passava là davanti, cadeva a terra. 24. Erano 24, mi pare proprio. Certe cose non si dimenticano, sa dottoressa” Avrebbe continuato per ore. E io lì con lui ad ascoltare. Ma il telefono suona, gli altri reparti ti chiamano, devi vedere i nuovi ingressi e alle 14 devi correre a casa ad allattare. Ma domani torno. Tra pochi mesi, quei ricordi purtroppo si spegneranno, come il corpo di quel bel signore, alto e dignitoso, nonostante la malattia incurabile che lo indebolisce giorno dopo giorno. Eppure alcune briciole dei suoi ricordi sono ormai dentro di me, sono scritti su questo post e sono anche letti da voi, diventando quindi anche vostre idee e vostra conoscenza. L’umanità forse è proprio questo, scambiarci ricordi ed emozioni, e sopravvivere nei ricordi degli altri.
Grazie a questo splendido signore per avermi onorato di ricordare insieme a me.
24

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